Chi siamo

Informazioni sulla nostra associazione

L'Associazione denominata "Centro Speleologico Meridionale" in breve "C.S.M." regolarmente costituita con atto notarile, ha sede in via Atri, 23.

L'Associazione, senza fini di lucro, costituita essenzialmente da tecnici, tutti esperti speleologi, ha come scopo primario di contribuire alla conoscenza, alla diffusione, al recupero ed all'utilizzo del sottosuolo dei centri urbani con particolare interesse per la città di Napoli.

L'Associazione ha anche lo scopo di favorire e sviluppare l'attività dei suoi membri per permettere loro di migliorare i propri risultati attraverso attività di cooperazione di studio e ricerca, in collaborazione con esperti di varie discipline.

 

L'Associazione svolgerà attività a favore di Enti, Istituzioni pubbliche e private, imprese, singoli soggetti.

Contattaci via mail csm@centrospeleologicomeridionale.it, per conoscere meglio la nostra Associazione e chiedere ogni informazione su come diventare socio.

La Storia del C.S.M.

Centro Speleologico Meridionale

Il CSM nasce nel 1946 come Sezione Speleologica dell’Istituto di Biologia Applicata dell’Università di

Napoli.

Il Prof. Pietro PARENZAN ne fu il fondatore e primo presidente.

Le sue eccelse capacità comunicative entusiasmarono e coinvolsero tutti quelli che lo conobbero, tanto è

che il Centro ebbe l’ampio appoggio non solo delle autorità ma anche dei Commiliter Meridionali, i quali

parteciparono con uomini e mezzi a numerose spedizioni.

Dopo pochi anni dalla fondazione il centro era già noto in tutto il meridione e persino in Sicilia.

Ben dodici furono le sezioni istituite dal Prof. Parenzan nei primi due anni dalla fondazione:

1) Sezione di Acquafredda (Basilicata) dove il direttore, Prof. Francesco Faraco, studiò l’idrologia

ipogea delle numerose cavità intorno al Golfo di Policastro.

2) Sezione Murgiana, di Minervino Murge, retta dal Colonnello Pietro Insabato, che iniziò le prime

esplorazioni delle “grave” verticali nella zona.

3) Sezione Cilentana, con sede a Marina di Camerota affidata all’Avv. Giovanni Mazzeo, che diede

impulso alle ricerche paletnologiche del Cilento.

4) Sezione Ionica affidata all’Assessore al Turismo V. Saracino, che mise in giusta luce i fenomeni di

carsismo locale fra cui la “Grotta di Nove Casedde” nel comune di Martinafranca (Taranto).

5) Sezione Irpina che con Giovanni Rama e Giuseppe Nicastro portò alla ispezione della “Grotta del

Caliendo” a Bagnoli Irpino.

6) Sezione Garganica con sede a San Marco in Lamis.

7) Sezione Pollese con sede a Polla (Salerno), dove il Prof. Giovanni Bracco, dopo aver esplorato la

“Grotta di Polla”, nella quale furono trovati reperti di notevole interesse archeleologico e

paleontologico, iniziò l’istituzione di un museo locale.

8) Sezione Calabra di Tropea dove l’Ingegnere Pasquale Toraldo, ispezionando le cavità della zona, le

trovò di particolare interesse dal punto di vista paleontologico.

9) Sezione Amalfitana che si specializzò anche in esplorazione subacquee.

10) Sezione Camarina, dal nome della antica città greca, con sede a Vittoria (Ragusa), affidata al Sig.

Giovanni Argeri.

11) Sezione Campobellese, con sede a Campobello di Mazera (Trapani) diretta dal Prof. V. Gentile e dal

Commendatore Michele Bono, che con il CSM esplorarono la “Grotta delle Conchiglie”.

12) Sezione Vesuviana, con sede a Torre del Greco, affidata al Dott. Enrico Di Gaetano ed al Sig. Aldo

Pireneo, quest’ultimo si segnalò perché volle seguire il Prof. Parenzan, in moltissime discese fuori

dalla sua sezione.

Al Prof. Parenzan, nativo di Pola (Trieste), non piacque affatto, dopo la seconda guerra mondiale,

l’evulsione del territorio di Postumia con tutte le sue grotte e la conseguente perdita da parte dell’Italia

della stazione biologica di quell’eccezionale centro speleologico, per cui fondò a Napoli, nel 1951, una

Stazione Biologica Sperimentale Sotterranea, e ne diede notizia nel VI Congresso Nazionale di

Speleologia del 20/06/1954 con la seguente relazione:

“Il mezzogiorno, e precisamente la città di Napoli, doveva avere la sua Stazione Biologica Sperimentale

Sotterranea, per le seguenti ragioni:

1) che in Italia non esiste nessun centro di ricerche sperimentali analogo, pur essendo il paese classico

per le ricerche speleologiche;

2) che la Campania, con la provincia di Salerno e le Puglie, sono le regioni meridionali più interessanti

per la varietà dei fenomeni che interessano la speleologia (per l’azione idrica, marina e vulcanica;

con numerose caverne interne e costiere, pozzi, inghiottitoi, sfiatatoi, ecc.); basta considerare la

stupenda Grotta di Castellana, l’imponente Grotta di Castelcivita, le importanti grotte di Polla e

Pertosa, le numerose voragini del Massiccio del Cervati, la Grava del Vesolo, l’Inghiottitoio del

Busento, ecc.

3) che i reperti biologici conseguiti nelle campagne esplorative dalla sezione speloeologica del I.B.A.

sotto la mia direzione risultarono oltremodo interessanti e promettenti.

Ora, considerando che anche le cavità artificiali del sottosuolo, specialmente se di antica data, offrono le

stesse condizioni di certe caverne naturali, tanto che Racovitza e Jeannel le definirono “parte integrante

del dominio sotterraneo”, ed avendo, nel corso di alcune esplorazioni del sottosuolo di Napoli, constatato

il particolare interesse biologico dei locali romani, risalenti ad una ventina di secoli, situati sotto l’antico

edificio al numero 32 di via Anticaglia, sottoposi le mie intenzioni alle proprietarie. Fu così che le

stimatissime Signorine Adele e Stefania Massa, mi autorizzarono ad utilizzare liberamente i sotterranei

di loro proprietà per l’istituzione della “Stazione“; ed anche la Signora Lucia del Cogliano, proprietaria di

una parte dei sotterranei mi autorizzò analogamente. L’interesse biologico dei sotterranei in parola

appare anche da una comunicazione tenuta alla Società dei Naturalisti di Napoli nella tornata del 25

Novembre 1953 (Bol. Soc. Nat.), vol. LXII, 1953.

Non pochi hanno considerato le cavità artificiali, per le ricerche biospeleologiche, alla stregua di quelle

naturali, vari sono gli studiosi che se ne occuparono e che se ne occupano tuttora (Balazuc J., Dresco

E., Gérards E., Henrot H., Hussen R., Jeannel R., Mary A., Négre J., Viré A.).

L’Olandese L. Van Der Hammen compì studi particolari sugli aracnidi delle cavità artificiali del suo

paese.

Il Sanfilippo (1950) riconobbe per le cavità artificiali, “benchè fino ad oggi siano state oggetto di poche

ricerche faunistiche, un interesse tuttaltro che trascurabile”, e cita alcuni reperti in gallerie, cunicoli di

acquedotti e cave di scavazione sia antica che recente; in una nota lo stesso Autore riferisce anzi sulla

sua intenzione di adattare un cunicolo dell’acquedotto romano di Staglieno (Genova) a cavità

sperimentale per allevamenti ed osservazioni biologiche su artropodi cavernicoli.

I sotterranei da me presi in considerazione, la cui costruzione risale a ben una ventina di secoli addietro,

offrono condizioni molto affini a quelle delle grotte naturali, formandosi in essi addirittura delle piccole

stalattiti, ed ospitando una vera fauna cavernicola.

Difatti, tra le ventiquattro specie fino ad oggi trovate e determinate, abbiamo l’Oxychilus Cellarius (moll),

l’Androniscus Dentiger e la Chaetophiloscia Cellaria (isopodi) , Psocidi, Pseudoscorpionidi, Collemboli,

Araneidi, Acari, Ditteri Forìdi, il Coleottero Ceutosphodrus, Acutangulus, etc., tutti di specie

spiccatamente trogòfile e qualcuna troglobia.

Di particolare interesse ricorderò l’Araneide Ostearius Melanopygius, proprio della Nuova Zelanda, di

importazione sul quale il Dresco ha fatto un particolare studio.

Per ora la stazione è composta da tre locali, e precisamente il Vestibolo, il Laboratorio ed il Vivaio.

VESTIBOLO

Attraverso una botola secolare, che si apre in uno scantinato, si scende, per una scala costruita in pietra

e cemento nell’anticamera del laboratorio.

In questo locale, lungo una decina di metri e largo in media tre, sono riuniti esemplari di fauna e flora

cavernicoli, concrezioni stalattitiche, stalammitiche e varie delle grotte meridionali.

Nello sfondo, risalta il modello, in grandezza naturale dell’Homo Neanderthalensis, eseguito dal Prof.

Libero Galdo, su mie indicazioni antropometriche.

E’ ovvio che l’allestimento del Vestibolo ha una funzione – del resto importante - didattico-divulgativo,

affatto scientifica.

LABORATORIO

Attraverso uno stretto passaggio si va nel laboratorio. Il locale ha le stesse dimensioni del vestibolo.

Entrando, lungo la parete di destra, sono sistemati vasche e terrari, numerati da 1 a 13 in doppia serie.

Lungo la parete di sinistra sono sistemati due tavoli di lavoro con il piano di vetro, ed un terzo tavolo è

sistemato al lato più stretto del locale.

Sui tavoli, oltre alla vetreria, sono disposte sorgenti luminose di vario colore per particolari esperimenti, e

su apposite mensole sono collocati oggetti vari, strumenti, vetreria, liquidi conservativi, retini planctonici,

ecc..

Dei dischi colorati indicano le vasche disponibili e quelle impiegate per ricerche o esperimenti in corso.

Il laboratorio è fornito di acqua corrente del Serino (proveniente da terreni calcari) e di acqua di stillicidio

locale, filtrata attraverso terreno tufaceo).

VIVAIO

Dal Laboratorio si passa, attraverso un secondo passaggio stretto, lungo alcuni metri, nel locale-vivaio,

dove, in una serie di acquari, numerati dal 14 in poi, sono contenuti,in condizioni il più possibile naturali,

animali (ed eventuali vegetali) troglofili delle grotte meridionali a disposizione degli studiosi.

Su di una apposita tabella sono indicate le specie presenti nelle singole vasche.

In tre vasche maggiori sono mantenuti l’interessante Proteo (Proteus anguineus) delle caverne del

Carso; lo strano pesce cieco delle acque sotterranee della Somalia (Uegitglanis Zammaranoi)

appartenente ai siluridi, ed un crostaceo (Niphargus sp.) delle grotte di Castelcivita.

L’Impianto della luce nei tre locali è fatto in modo da evitare il disturbo della fauna spontanea e di quella

in vivaio e l’alterazione delle condizioni climatiche dei sotterranei.

Pur nella sua modestia, la Stazione Biologica Sperimentale Sotterranea di Napoli, presenta una indubbia

importanza, in quanto offre ai ricercatori la possibilità di compiere con comodo, senza allontanarsi dalla

città, particolari ricerche biologiche, disponendo di specie Troglobie e Troglofile che sarebbe assurdo

potere altrimenti trovare in qualunque momento senza dispendiose e scomode escursioni speleologiche.

Comunque, indipendentemente dagli sviluppi che potrà avere l’istituzione in parola, la Stazione Biologica

Sperimentale Sotterranea di Napoli è la prima del genere in Italia, la terza in Europa, l’unica al mondo

sorta al centro di una grande città universitaria.

APPENDICE

I locali impegnati per la stazione fanno parte dei sotterranei della “Cavea” del Teatro Romano Scoperto

la cui costruzione risale ad una ventina di secoli orsono.

Questo Teatro, di cui si ammirano oggi sulla via Anticaglia gli archi di comunicazione tra una cavea e

l’altra, e nei sotterranei i locali a raggiera, un pozzo, e l’opus reticolatum di alcuni muri, era famosa per la

sua magnificenza, ed in esso si rappresentavano tragedie, commedie, e drammi satirici.

In esso Claudio fece rappresentare una commedia in onore del fratello Germanico.

Dato l’interesse archeologico dei sotterranei, si è avuto cura non solo di non alterare le strutture antiche

e di non nascondere le parti più caratteristiche, ma ben anche di ripulire i ruderi onde meglio preservarli,

sgombrando l’ingente quantità di macerie che li rendeva quasi inavvicinabili, e deviando altresì le

infiltrazioni luride che danneggiavano i ruderi stessi in danno del rispetto dovuto alle testimonianze di un

passato glorioso dell’umanità.

La Stazione Biologica Sperimentale Sotterranea di Napoli fu curata per anni dal Geologo Lucio Bartoli,

erede dei locali e Segretario del C.S.M.; il Bartoli ne fece donazione alla Sovrintendenza ai Beni

Archeologici di Napoli.

Pur svolgendo la sua attività nel meridione, il C.S.M. non perde i contatti con gli altri Centri e Gruppi

Speleologici d’Italia; con molti di essi, di concerto, si fanno spedizioni:

- 1950 le Foibe di San Canziano e di Pisino, tra le più imponenti voragini Istriane.

- 1951 la Grava del Vesolo, a monte del Comune di Laurino, profonda metri 121.

- 1952 la Grotta di Trebiciano dove, dopo un salto profondo 321 metri, si raggiunge il percorso

sotterraneo del fiumeTimavo, che, versandosi nella Voragine di San Canziano,sfocia nell’Adriatico

presso San Giovanni di Duino.

- 1953 la Grotta di Castelcivita, nota già in epoca romana; si racconta che nel 71 a. C. Spartaco,

sconfitto presso Pratella, si rifugiò in questa caverna. Molti altri la visitarono nei secoli successivi, ma

su invito del Sindaco Leopoldo Giardini fu esplorata dal C.S.M. e valorizzata turisticamente.

- 1954, insieme al Gruppo Speleologico Bolognese del C.A.I., con Giancarlo Pasini ed il Presidente

del Gruppo Luigi Fantini, si esplorò il torrente sotterraneo Acqua Fredda, vicino Croara (Bologna).

- 1955 la Grotta di Polla (Salerno) nella quale, con la partecipazione di speleologi della Fédération

Spéléologique de Belgique, con sede in rue Darchis Liége, furono scoperti scheletri e crani umani e

di cervidi e suppellettili dell’età del bronzo di notevole interesse, per cui si istituì anche un museo.

- 1956 Inghiottitoio del Busento, nei pressi di Caselle in Pittari (Salerno), Alla spedizione

parteciparono il campione mondiale di profondità a corpo libero Comandante Raimondo Bucher,

dell’Aviazione Militare, il campione mondiale di immersione subacquea Ennio Falco, il Centro

Speleologico Romano, il Commiliter e tanti altri. Il rilievo della cavità fu eseguito da Bruno Davide,

Giovanni Tempra e Clemente Esposito. In quest’anno, su iniziativa del Prof. Alejandro De Bernardi,

della “Facultad de Derecho y Ciencias” di Montevideo, con l’intervento del Dott. Chemirnof della

“Facultad de Humanidades”e con direttive, consigli ed istruzioni del Prof Parenzan del C.S.M. fu

costituito, primo nel Sud-America, il Centro Speleologico Uruguaiano.

- 1957 la Grotta della Fontana di Torre Del Greco (Napoli).

Negli anni a seguire le esplorazioni non si contarono; tra le più importanti si citano:

- La Grotta del Dragone, presso Acquafredda in Basilicata.

- La Grotta dei Colombi, nel Golfo di Policastro in Basilicata.

- La Grotta delle Colonne, nel Comune di Sapri (Salerno).

- La Grotta di San Michele, nel Comune di Olevano Sul Tusciano (Salerno); in essa, nel cavernone di

accesso, si trova una chiesa rupestre.

- La Grava del Corcione, segnalata dal Sindaco di Laurino (Salerno), Dott. Carmine Sofia, perché

poco distante dalla Grava del Vesolo.

- La Grotta di Nove Casedde, presso Martina Franca (Taranto).

- La Zinzulusa, sulla costa di Torre d’Otranto (Lecce).

- La Grava di Sassi, presso Minervino Murge (Bari).

- La Grande e la Piccola Comola, di Castelmorrone (Caserta), su invito del Sindaco Dott. Palmese e

del Vicesindaco Sig. Ferdinando Franzone.

- La Grotta di Scala (Salerno), su invito del Vicesindaco Silvino Mansi.

- La Grotta del Caliendo, presso Bagnoli Irpino (Avellino).

- La Grotta Vallone della Cala, Sicilia.

- La Grotta Molara di Cruillas, Sicilia.

- La Grotta Addaura Capraia, Sicilia.

- L’Abisso della Pietra Selvaggia, Sicilia.

- L’Abisso della Pizzuta, Sicilia.

- La Grotta del Mal Passo, Sicilia.

- La Grotta delle Fontanelle, nel Comune di Seiano (Salerno).

- La Grotta di Montenero, presso San Marco in Lamis (Foggia), su invito del Sindaco Avv. Giovanni

Palatella.

Passano gli anni e continuano le escursioni; Bruno Davide aggiorna continuamente il Catasto delle

Cavità; il Prof. Giovanni Tempra viene eletto Vicepresidente del C.S.M.; si arriva quindi all’anno 1966.

A Napoli, già negli anni precedenti al 1966, i crolli, i dissesti e le voragini, dovuti alla concausa delle

cavità, non si contavano, per cui, quando nel marzo del 1966, a via Catullo, crolla un muro, con

conseguente dissesto stradale, “la Giunta, in data 14 marzo 1966, su proposta dell’Assessore ai LL. PP.

On. Bruno Romano, deliberò di nominare una Commissione per lo studio del sottosuolo cittadino allo

scopo di rilevarne la genesi, la natura e la consistenza.

La Commissione fu così composta

1) Presidente : On. Dr. Bruno Romano, Assessore ai LL. PP.,

2) Commissario: Dr. Ing. Lelio Saccani, Ingegnere Capo del Comune di Napoli;

3) Dr. Ing. Mario Sgarrella, Ingegnere Capo del Genio Civile di Napoli;

4) Dr. Ing. Francesco Saverio Verde, Comandante dei VV. FF. di Napoli;

5) Dr. Ing: Sabatino Meneganti, Ingegnere capo del Corpo Statale delle Miniere,

Distretto di Napoli;

6) Prof. Ing. Arrigo Croce, Ordinario di Tecnica delle Fondazioni e Costruzioni di

terra (Geotecnica);

7) Prof. Ing. Vincenzo Franciosi, Ordinario di Scienza delle Costruzioni;

8) Prof. Ing. Pasquale Nicotera, Ordinario di Geologia Applicata;

9) Dr. Ing. Dante Bardi, Ispettore Generale del Corpo Statale delle Miniere;

10) Prof. Ing. Roberto Di Stefano, docente universitario, esperto;

11) Prof. Pietro Parenzan, Presidente del Centro Speleologico Meridionale;

12) Dr. Ing. Carlo Galateri, Assistente alla Cattedra di Tecnica delle Fondazioni;

13) Dr. Ing. Guido Vinaccia dell’Uff. Tecnico Comunale.

Fu così che il Centro Speleologico Meridionale lasciò la speleologia carsica e cominciò un nuovo ciclo,

impegnando uomini ed attrezzature nella speleologia urbana.

Parteciparono a questa nuova attività Il Prof, Pietro Parenzan (Presidente), il Prof. Giovanni Tempra

(Vicepresidente), Il Dott. Geologo Lucio Bartoli (Segretario), ed i Rilevatori:Geometra Bruno Davide,

Geometra Luigi Sciamanna, Prof. Mario Cianciulli, Dott. Lino Di Sapia, Arch. Vincenzo Spada, Ing.

Clemente Esposito, Gino Cianciulli, Fabio Collini, Oreste Albanese ed altri.

Il Centro Speleologico Meridionale, al 30 settembre 1967, censì 366 accessi a cavità sotterranee e ne

rilevò 78 per una superficie di 148.844 metri quadrati.

Dal 1969 al 1971 si verificarono altri dissesti che culminarono nel marzo del 1971 con una voragine in

via Antonio Vitale che inghottì una palazzina, causando la morte di un cittadino; e nell’aprile dello stesso

anno, con l’interruzione dei lavori della costruenda Tangenziale per la presenza di grosse cavità sotto

via Pietro Castellino, che ugualmente provocarono la morte di due operai.

A seguito di tali eventi luttuosi fu istituita una nuova Commissione con delibera n° 249 del 26 maggio

1971, ed essa risultò così costituita:

PRESIDENTE:

Luigi Locoratolo, Assessore ai LL. PP.

COMMISSARI:

1) Lelio Saccani, Ingegnere Capo dei Servizi Tecnici del Comune,

1) Prof. Ing. Pasquale Nicotera, Direttore di Geologia Applicata dell’Università di

Napoli;

2) Prof. Arrigo Croce, Direttore dell’Istituto di Tecnica delle Fondazioni dell’Università di Napoli;

3) Prof . Roberto Di Stefano, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Architettura dell’Università di Napoli;

4) Prof. Elio Giangreco, Direttore dell’Istituto di Tecnica delle Costruzioni dell’Università di Napoli;

5) Prof. Giovanni Tempra, Vicepresidente del Centro Speleologico Meridionale;

SEGRETARIO:

Dott. Mario Verde, Capo Sezione Amministrativo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Napoli.

Durante i lavori della Seconda Commissione il Centro Speleologico Meridionale rilevò altre

64 cavità per una superficie di 102.331 metri quadrati, che, sommati ai 148.844 della Prima Commissione,

portavano ad un totale di 251.175 metri quadrati.

La Seconda Commissione istituì l’Ufficio Sottosuolo e lo affidò all’Ing. Guido Vinaccia.

L’ufficio, passato al Dott. Geologo Ulisse La Pegna, aveva il compito di continuare il censimento ed il

rilievo di nuove cavità.

Il Dott. La Pegna, seguendo le direttive delle Commissioni, fu coadiuvato da Tecnici efficienti (l’Ing.

Francesco Schiattarella, l’Arch. Pasquale Dell’Aversana, la Dott.sa Geologa Paola Miraglino, il Dott,

Geologo Antonio Baldi, il Dott. Geologo Nicola Basso, il Geometra Giacomo Esposito, il Geometra Fulvio

Salvi e tanti altri); ma ciò non sarebbe bastato senza il supporto dei politici, ed il primo, che capì appieno

l’importanza del sottosuolo e della sua conoscenza, fu il Dott. Francesco Picardi, Assessore ai LL.PP. e

poi anche Sindaco di Napoli; con lui l’Ufficio Sottosuolo portò avanti un lavoro proficuo ed intelligente che

culminò negli anni successivi al terremoto del 1980.

Ebbene sì, ci volle il terremoto, perché la popolazione, che negli anni precedenti non aveva collaborato

appieno alla riscoperta del sottosuolo, questa volta non solo fosse prodiga di notizie, ma consentisse e

talora pretendesse persino che nelle sue abitazioni si abbattessero tompagni, si sfondassero pavimenti, si

eseguissero scavi capaci di condurre alle vecchie cavità.

Sull’onda di tale collaborazione si diede un impulso non indifferente alla conoscenza ed al rilievo del

sottosuolo cavo.

In questo periodo, con questa Amministrazione e con questo ufficio il Centro Speleologico Meridionale

continuò la collaborazione, portando le cavità rilevate a 463 per oltre 600.00 metri quadrati.

I Tecnici del C.S.M. che parteciparono a questa campagna di rilevamento furono il Prof. Giovanni Tempra,

il Dott. Geologo Lucio Bartoli, l’Ing. Clemente Esposito, il Prof. Mario Cianciulli, il Prof. Paolo Bicco, L’arch.

Livia Barbareschi, l’Arch. Nicola Pagano. l’Ing. Angelo Addeo, l’Ing. Romualdo Guida, l’Arch. Nicola

Viscione, e tutti si avvalsero dell’aiuto dell’esperto fotografo e non meno valido rilevatore Fabio Collini.

Sempre in questo periodo il C.S.M., con l’Ufficio Sottosuolo ed i Vigili del Fuoco, ebbe una partecipazione

predominante nel risanamento di numerose voragini, tra cui quella del Corso Amedeo di Savoia, e nello

spegnimento dell’incendio di via Salvatore Tommasi, dove morirono per intossicazione due vecchietti, e

dell’incendio dei Gradoni di Chiaia durato 29 giorni . Fu proprio l’Ing. Clemente Esposito, insieme al

Geologo Lucio Bartoli ed a Fabio Collini, che, dopo 29 giorni di esplorazioni nel sottosuolo, mentre in

superficie fervevano i lavori di perforazione, trovarono la caverna braciere e vi condussero i Pompieri.

Proprio quel giorno vollero partecipare alla esplorazione il Giornalista de Il Mattino Dott. Carlo Dell’Orefice

ed il Fotografo dello stesso quotidiano Gaetano Esposito; lo scoup fu notevole ed Il Mattino nel pomeriggio

uscì in edizione straordinaria.

La notorietà del C.S.M. salì alle stelle ed il Centro si arricchì di illustri iscritti (l’Ing. Francesco Schiattarella,

la Dott.sa Eleonora Puntillo di Paese Sera ed il Dott, Antonio Piedimonte de La Repubblica).

Ma, come sempre accade, a periodi di abbondanza fanno sempre seguito periodi di magra, e così il

sottosuolo ritornò nel dimenticatoio; si operò episodicamente, sempre e solo a seguito di dissesti più o

meno gravi. Talora le cavità, che i dissesti evidenziavano, non venivano né rilevate, né tantomeno

ispezionate, ma subito ricoperte o addirittura interrate, e così si continuò per anni, mentre il C.S.M.

continuava, autonomamente, il rilievo delle cavità.

Ci vollero altre voragini, altri morti (Secondigliano, Miano, Materdei) e fu istituita l’ennesima Commissione.

L’Ufficio Sottosuolo diventa Servizio Difesa del Suolo, con un proprio Assessorato, e viene affidato all’Ing.

Goffredo Lombardi; con questo Dirigente l’Ufficio fa il salto di qualità: si intensificano le campagne di

rilevazione, per una migliore conoscenza geologica del suolo cittadino si eseguono migliaia di sondaggi, lo

stesso ufficio si avvale di una Sezione Geologica, e finalmente tutte le conoscenze dell’Ufficio vengono

informatizzate.

Il Centro Speleologico Meridionale in questi anni perde, uno dopo l’altro, il Presidente Prof. Pietro

Parenzan, il Vicepresidente Prof. Giovanni Tempra ed il Segretario il Dott. Geologo Lucio Bartoli.

Il membro più anziano, l’Ing. Clemente Esposito, viene eletto Presidente, e lo stesso è colpito da un grave

lutto: la sua diletta figlia Bianca, laureata in giurisprudenza, in una pausa di studio per il concorso in

magistratura, muore in un incidente automobilistico.

Il C.S.M. sta per morire con Bianca, quando intervengono l’Ing. Francesco Schiattarella e l’Ing. Goffredo

Lombardi, questi, insieme all’Assessore al Sottosuolo Dott. Di Mezza, scuotono l’Ing, Esposito e lo

costringono a continuare la sua quarantennale collaborazione con l’Ufficio Sottosuolo.

L’Ing. Clemente Esposito, in ricordo della figlia Bianca, iscrive al C.S.M. numerosi e valenti giovani, con

essi continua la collaborazione col Servizio Difesa del Suolo dando un apporto non indifferente alla

digitalizzazione stessa di tutte le cavità.

Il C.S.M. si avvale attualmente dei seguenti tecnici. Ing. Clemente Esposito, Ing. Francesco Schiattarella,

Dott.sa Eleonora Puntillo, Dott. Antonio Piedimonte, Ing. Paolo Padula, Ing. Antonietta Feola, Ing.

Massimo Scodellaro, Ing. Bruno Sanseverino, Arch. Raffaela Tricarico, Dott. Geologo Ferdinando

Saggese, Dott. Geologo Massimo Mignano, Dott. Geologo Francesco Lombardo, Geometra Fulvio Salvi,

Geometra Sirio Salvi, Geometra Mario Alamaro, Geometra Luigi Noviello, Dott. Vincenzo Albertini.